Sentenze – Luglio 2025

Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2025, n. 25564

Amputazione della falange con la macchina hamburgatrice. Vizio logico nella motivazione su colpa e nesso causale

 

Cassazione Penale, Sez. 3, 23 luglio 2025, n. 26974

Violazioni in materia di sicurezza sul lavoro e inapplicabilità della particolare tenuità del fatto

 


 

Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2025, n. 25564 Amputazione della falange con la macchina hamburgatrice. Vizio logico nella motivazione su colpa e nesso causale   Cassazione Penale, ...

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L’impatto del reporting ESG sulla salute e sicurezza sul lavoro (SSL)

Con l’adozione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e dei European Sustainability Reporting Standards (ESRS), l’Unione Europea ha introdotto obblighi rigorosi in materia di rendicontazione non finanziaria. Uno degli ambiti centrali di questa trasformazione normativa riguarda la salute e sicurezza sul lavoro (SSL), che rientra nella dimensione “Social” dei criteri ESG (Environment, Social, Governance).

Il documento di riferimento, “The Potential Impact of ESG Reporting on OSH Compliance”, pubblicato a cura dell’EU-OSHA, analizza come la rendicontazione ESG possa influenzare le pratiche aziendali in tema di SSL. 

 

Che cos’è il reporting ESG e perché impatta sulla SSL

La CSRD obbliga le imprese con oltre 500 dipendenti a pubblicare, a partire dal bilancio 2024, rapporti dettagliati sulla sostenibilità. I dati devono essere allineati con gli standard ESRS, i quali includono oltre 1.100 indicatori (datapoint) suddivisi in 12 standard e 81 temi. Le questioni SSL sono trattate principalmente negli standard ESRS S1 (lavoratori diretti) e S2 (lavoratori nella catena di fornitura).

Questi standard richiedono alle aziende di:

  • Valutare i rischi e gli impatti sulla salute e sicurezza, sia propri che nella supply chain;

  • Coinvolgere i lavoratori o i loro rappresentanti nei processi di valutazione della materialità;

  • Definire politiche, azioni correttive, indicatori e obiettivi per migliorare le condizioni di lavoro.

 

Doppia materialità e partecipazione dei lavoratori

La CSRD introduce il concetto di doppia materialità, che impone alle aziende di rendicontare sia l’impatto delle questioni ESG sull’azienda stessa, sia l’impatto dell’azienda sull’ambiente e sulla società.

Per quanto riguarda la SSL, ciò significa:

  • Analizzare i rischi legati a fattori fisici, psicosociali, ergonomici;

  • Valutare e documentare come i cambiamenti nel modello di business (es. economia circolare) influenzano la sicurezza;

  • Consultare attivamente i lavoratori e sindacati durante l’intero processo.

 

Vantaggi e criticità del reporting ESG sulla SSL

Secondo l’analisi EU-OSHA, i principali vantaggi includono:

  • Maggiore integrazione della SSL nella strategia aziendale;

  • Stimolo a definire obiettivi misurabili di miglioramento (es. riduzione infortuni, stress lavoro-correlato);

  • Opportunità per gli operatori SSL di ottenere maggiore visibilità e risorse all’interno delle aziende.

Tuttavia, esistono anche criticità:

  • Rischio di “decoupling”, cioè separazione tra pratiche reali e ciò che viene formalmente dichiarato;

  • Carico burocratico elevato, soprattutto per le PMI;

  • Scarsa partecipazione dei lavoratori, nonostante gli obblighi previsti.

Con l’adozione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e dei European Sustainability Reporting Standards (ESRS), l’Unione Europea ha introdotto obblighi rigorosi in mate...

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Infortuni negli stabilimenti Seveso: un’analisi Inail evidenzia i principali rischi per i lavoratori

Secondo una recente pubblicazione dell’Inail, gli infortuni sul lavoro negli stabilimenti a rischio di incidente rilevante – comunemente noti come stabilimenti Seveso – meritano una crescente attenzione in ottica di prevenzione e gestione della sicurezza industriale.

Nel report dal titolo Salute e Sicurezza negli Ambienti di Vita e di Lavoro – Focus sugli infortuni negli stabilimenti con pericolo di incidente rilevante, l’Inail presenta un’analisi dettagliata degli eventi infortunistici avvenuti nel quadriennio 2017-2020 all’interno di questi impianti ad alto rischio. Si tratta di siti produttivi che, in virtù della presenza di sostanze pericolose oltre determinate soglie, sono regolamentati dal D.lgs. 105/2015, che recepisce a livello nazionale la Direttiva Seveso III (2012/18/UE).

 

Un rischio trasversale e complesso da monitorare

Una delle difficoltà maggiori nel monitorare questo fenomeno – spiegano i ricercatori – è legata al fatto che non esiste un “settore Seveso” definito nella classificazione ATECO. Le sostanze pericolose regolamentate dalla normativa Seveso sono infatti presenti in molteplici ambiti industriali, spesso molto diversi tra loro.

Per superare questa complessità, l’Inail ha messo a punto una metodologia di incrocio dati che ha coinvolto:

  • l’Inventario Seveso a cura di ISPRA;

  • i dati sugli infortuni rilevati nelle banche dati Inail;

  • le informazioni del Registro delle Imprese.

In questo modo è stato possibile identificare con maggiore precisione quali infortuni siano effettivamente avvenuti all’interno di impianti Seveso.

 

Dove e come si verificano più infortuni

Dall’analisi emergono alcune tendenze rilevanti:

  • Il 65% degli infortuni totali si concentra nel Nord Italia, con un picco del 39% nella zona Nord-Ovest.

  • I settori più colpiti sono la metallurgia (con il 32% degli eventi), seguita dalla produzione chimica.

  • La fascia d’età più coinvolta varia a seconda del settore, ma si concentra prevalentemente tra i 35 e i 54 anni.

  • Le professioni tecniche e operative sono le più a rischio, in particolare i conduttori di impianti industriali, che da soli rappresentano oltre un terzo degli infortuni.

Dal punto di vista della dinamica dell’evento, l’infortunio tipo si manifesta spesso con movimenti scoordinati, culminando in uno sforzo fisico eccessivo o traumi agli arti, principalmente superiori.

 

Un trend in calo, ma serve vigilanza

Un dato confortante è rappresentato dalla diminuzione degli infortuni nel periodo analizzato: -23% rispetto al 2017. Tuttavia, come sottolinea l’Inail, il calo va letto con cautela, perché potrebbe essere influenzato da variabili esterne come cambiamenti occupazionali o variazioni nella denuncia degli eventi.

 

Prevenzione: il ruolo cruciale del SGS-PIR

L’adozione e il continuo aggiornamento del Sistema di Gestione della Sicurezza per la Prevenzione degli Incidenti Rilevanti (SGS-PIR) rappresentano oggi uno strumento chiave per i gestori degli impianti. Il sistema, previsto dal D.lgs. 105/2015, deve essere integrato nei processi aziendali e validato attraverso specifici audit, anche con riferimento alle norme UNI 10617:2019 e UNI 10616:2022.

L’Inail sottolinea l’importanza della formazione continua, soprattutto per le fasce d’età intermedie, dove l’esperienza professionale può non essere sufficiente a prevenire comportamenti rischiosi se non adeguatamente accompagnata da aggiornamenti sistematici.

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Nomina del preposto: chiarimenti su anzianità, apprendistato e idoneità effettiva nella Circolare Congiunta INL–Regioni

La circolare congiunta INL–Regioni del 14 luglio 2025 fornisce indicazioni operative sulla nomina del preposto alla sicurezza, chiarendo se possano ricoprire questo ruolo anche lavoratori con bassa anzianità o in apprendistato.

La questione è nata nel settore ferroviario, ma interessa trasversalmente tutte le aziende. L’obiettivo della circolare è quello di evitare errori di valutazione basati solo su criteri formali o contrattuali.

 

Chi può essere nominato preposto alla sicurezza sul lavoro?

Secondo il D.Lgs. 81/2008, il preposto è chi, in base alle proprie competenze professionali e ai poteri funzionali o gerarchici, vigila sull’attività lavorativa dei colleghi, assicura il rispetto delle direttive aziendali in materia di sicurezza e interviene in caso di comportamenti a rischio.

❌ La legge non impone limiti di anzianità o divieti per gli apprendisti
✅ L’unico criterio valido è la reale capacità di svolgere il ruolo.

 

Nomina di lavoratori con scarsa anzianità o apprendisti come preposti

Apprendisti come preposti: è legittimo?

Sì, è possibile nominare un lavoratore in apprendistato come preposto, ma solo se è effettivamente idoneo. La Cassazione Penale (sent. 6790/2024) ha chiarito che non esiste un divieto normativo: l’inidoneità deve essere valutata caso per caso, e non può derivare automaticamente dalla forma contrattuale.

Nomina di lavoratori con meno di 12 mesi di esperienza

Analogamente, non esiste una soglia di anzianità minima oltre la quale si diventa idonei. Il datore di lavoro deve però verificare le competenze acquisite, soprattutto nei contesti ad alto rischio.

 

Cosa deve verificare il datore di lavoro

Chi nomina un preposto deve:

  • Valutare se la persona possiede competenze tecniche e operative coerenti con il ruolo

  • Garantire che abbia ricevuto una formazione completa e aggiornata

  • Assicurarsi che il lavoratore abbia potere effettivo di intervento verso i colleghi

Anche la valutazione dei rischi aziendali deve considerare il tipo di contratto e il grado di autonomia del lavoratore, come previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 81/2008.

 

Controlli degli organi di vigilanza sul preposto

Gli ispettori del lavoro verificheranno caso per caso che:

  • Il preposto abbia ricevuto formazione sostanziale, non solo formale

  • Sia in grado di intervenire concretamente per prevenire situazioni di rischio

  • Possieda conoscenze e competenze documentate, anche tramite colloqui o testimonianze dirette di colleghi

⚠️ La sola nomina formale non basta: serve la dimostrazione concreta di idoneità.

 

Implicazioni pratiche per le aziende

Le imprese devono evitare:

  • Nomine automatiche basate su criteri anagrafici o di contratto

  • Preposti “di facciata” scelti solo per adempiere agli obblighi burocratici

E devono invece:

  • Investire nella formazione specifica del preposto

  • Documentare le competenze acquisite e le responsabilità effettive

  • Valutare periodicamente l’idoneità dei preposti, soprattutto se apprendisti o neoassunti

 

In definitiva, la nomina del preposto alla sicurezza sul lavoro non può basarsi solo su etichette contrattuali o anni di servizio. Secondo la circolare INL–Regioni del luglio 2025, anche un lavoratore apprendista può svolgere il ruolo, se formato, competente e in grado di esercitare i poteri previsti dalla legge.

Per le aziende, questo implica un approccio più attento e responsabile nella scelta dei preposti, a tutela della sicurezza reale e della conformità normativa.

La circolare congiunta INL–Regioni del 14 luglio 2025 fornisce indicazioni operative sulla nomina del preposto alla sicurezza, chiarendo se possano ricoprire questo ruolo anche lavoratori c...

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